Libia, la “Primavera” che non c’era.
In un modo o in un altro, per una ragione o per l’altra, la Sicilia è sempre in prima linea: ora che la minaccia dell’Isis da “teorica” sta diventando”concreta”, il nostro Governo incomincia a ritenere che la Libia in mano al Califfato possa costituire un serio pericolo per l’Italia. Chiusura dell’Ambasciata a Tripoli, evacuazione degli italiani da quel territorio a rischio, sono i sintomi della delicata fibrillazione che si sta impadronendo di coloro che hanno sottovalutato le minacce e che sono stati costretti a prendere atto che può verificarsi l’inimmaginabile.
Così mentre la Sicilia continua ad accogliere migliaia di migranti disperati in fuga, ora si dovrà programmare nell’Isola anche un piano preventivo per sventare ogni eventualità d’attacco: le punte di difesa avanzata non possono che essere Trapani e Sigonella. Di certo l’Italia (…e la NATO) non dovranno fronteggiare una sorta di “Operazione Husky”, forse oggi sicuramente più facile da controbattere con i mezzi e la tecnologia dei quali si dispone. L’incognita è costituita dalla maniera subdola con la quale agisce l’Isis, la cui arma principale è il terrore, e il terrorismo lo strumento più efficace: la jihad può colpire in modo indiscriminato e feroce ovunque e in qualsiasi momento, e solo un accurato lavoro di intelligence può essere utile alla prevenzione. Giuseppe Tonelli, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia (Sap), ha lanciato un allarme: “Il rischio attentati è alto e servono fondi e corsi di formazione. C’è la necessità di avviare un corso di antiterrorismo per formare il personale su strada, abituato ad addestrarsi contro i bersagli fissi e non quelli in movimento. Quando abbiamo presentato il progetto di formazione a Renzi e ad Alfano loro hanno fatto orecchie da mercanti…”. C’è chi ha compreso in tempo le necessità del momento e le ha fatto presenti, ma probabilmente i nostri governanti erano occupati in altre questioni.
Quando è stato eliminato dalla scena Gheddafi a gran voce tutti hanno acclamato la Libia e la sua nuova “Primavera”: ma quale Primavera? Non c’è stata alcuna Primavera! In Libia (volontariamente o involontariamente) si è data possibilità di crescita all’estremismo islamico, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ora chi Governa ha preso (forse) coscienza che l’Italia può essere un obbiettivo: prima non lo era? Quanto accaduto in Francia e in Belgio non erano “prove” valide che dimostravano come sotto mira fosse l’Europa? E la porta dell’Europa dove sta? In Sicilia. C’è chi ha criticato quanti hanno ipotizzato possibili infiltrazioni di jihadisti fra le migliaia di disperati migranti, primo fra tutti il ministro dell’Interno Angelino Alfano: forse costoro saranno costretti a ricredersi, ma che vale?
L’avanzata dei jihadisti filo Isis, che in queste ore insanguinano il golfo della Sirte, era prevedibile, almeno dallo scoppio della guerra in Libia quattro anni fa: il flusso di migranti che riescono a raggiungere la Sicilia – lasciando nelle acque del Mediterraneo centinaia e centinaia di vittime – parte da zone sotto il controllo dell’Isis, anche questo è stato accertato. Nulla di nuovo, dunque, che non fosse già noto. A Lampedusa è tornata la paura. Il pericolo, prospettato da più parti, di un attacco missilistico sull’Italia ha riportato alla memoria quanto accaduto 29 anni addietro, nell’aprile dell’1986 quando Gheddafi ordinò il lancio di missili contro l’isola come ritorsione all’attacco ricevuto dagli Stati Uniti. Due missili “Scud” libici vennero lanciati contro l’isola e, fortunatamente, fallirono il bersaglio. Il primo “Scud” esplose in mare a un paio di chilometri a nord ovest di Lampedusa, il secondo a un paio di chilometri a sud ovest di Capo Ponente. L’incubo si sta ripresentando con le minacce dell’Isis.
Come abbiamo scritto giorni addietro, minacce tra il dire e il fare: sarebbe saggio ascoltare le testimonianze degli italiani in fuga da Tripoli, per comprendere ancora meglio la realtà dei fatti.